Palazzo Doria d'Angri
La storia del settecentesco palazzo, disegnato da Luigi Vanvitelli (1769) e realizzato da suo figlio Carlo (a partire dal 1778) su commissione di Marcantonio Doria, è segnata da un evento in particolare: il 7 settembre 1860, dal balcone principale, Garibaldi annunciò alla folla esultante l'annessione del Regno delle Due Sicilie al nascente Stato Italiano. A ricordo di quel giorno, rimangono il nome della piazza su cui si affaccia l'ingresso principale e una epigrafe sulla facciata che da su via Toledo.
Il palazzo ha pianta trapezoidale, incuneandosi tra le vie Toledo e Monteoliveto. La facciata principale è caratterizzata dall'ingresso ad arco, affiancato da due coppie di colonne toscane che sostengono il suddetto balcone d'onore. Più in alto, sostenuto da colonne ioniche, una lunetta ospita lo stemma dei Doria; più in alto, sulla cornice dell'attico, rimangono due sculture in marmo -sopravvissute alla seconda guerra mondiale- delle quattro originarie. Le facciate laterali hanno nove balconi per piano, sormontati da timpani di diverse forme o incorniciati da fasce e soglie sporgenti. L'ultima facciata, sullo stretto vicolo Maddaloni, ripropone le linee della facciata di Largo 7 Settembre.
L'interno, oltre al bel cortile a pianta esagonale, propone al piano nobile importanti affreschi (vi operarono artisti già chiamati dal Vanvitelli padre per gli affreschi della Reggia di Caserta), celebranti le vicende dei Doria, oltre a stucchi e decorazioni di maestri intagliatori e vetrai. La gran parte degli arredi, delle sculture, delle porcellane e delle opere d'arte che i genovesi Doria avevano raccolto nel palazzo è andata dispersa in seguito a vendite all'asta. Alcune ale dell'edificio sono oggi adibite a sale per conferenze ed eventi culturali.
Facciata principale del Palazzo, su piazza 7
settembre
Franz Wenzel - "L'ingresso di Garibaldi a
Napoli"
(Museo Civico di Castel Nuovo)
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