Palazzo Carafa di Roccella
Collocato nel borgo di Chiaja, al di fuori delle mura cittadine (in corrispondenza dell'attuale via dei Mille), questo palazzo esisteva già nel Seicento, quando era poco più di una masseria di campagna. Nel 1667, proprietario ne era Francesco di Sangro, principe di San Severo, che lo donò come dote al proprio genero, Don Giuseppe Carafa; nel 1717, venne poi venduto alla famiglia di Vincenzo Maria Carafa, principe di Roccella. La moglie ne affidò la ristrutturazione all'architetto Vecchione -di scuola vanvitelliana-, che trasformò l'edificio e le sue dipendenze in un vero e proprio palazzo residenziale; i lavori durarono dal 1755 al 1765, e la facciata fu ridisegnata secondo criteri di simmetria intorno all'ingresso principale, affiancato da due costruzioni laterali destinate a botteghe; in quest'epoca, i Carafa lo utilizzavano come residenza di campagna, mentre loro residenza principale rimaneva quella nell'attuale via Benedetto Croce. Negli anni successivi fu completato il secondo piano e iniziato il terzo, ma l'assetto definitivo (tre piani con attico, atrio scoperto, giardino retrostante con patio) fu raggiunto solo sul finire dell' Ottocento. A quell'epoca, il palazzo -oltre quarantacinque stanze- era una residenza sfarzosa, arredata sontuosamente e ricca di dipinti di pregio.
Nel 1885 l'apertura di via dei Mille tagliò in due la tenuta, richiedendo l'abbattimento di alcuni locali e isolando gli edifici minori e le botteghe in affitto che si trovavano dall'altra parte della strada. In quegli anni la proprietà passò dagli eredi dei Carafa al barone Giuseppe Treves. Anche la maggior parte dei giardini furono sacrificati, intorno alla metà del '900, per lasciar posto alla crescente urbanizzazione di Chiaia. Negli anni '60 furono fortissime le pressioni per abbattere l'edificio e utilizzare l'area per l'ennesima speculazione edilizia; fortunatamente ciò non avvenne, anche se l'incuria e la razzia degli stucchi e degli altri elementi architettonici di pregio lo ridussero in stato d'abbandono.
Nel 1984 il Comune di Napoli ne acquisisce la proprietà, avviando qualche anno dopo una difficile, lunga e costosa opera di restauro, ostacolata per anni da pastoie burocratiche, ritardi nei finanziamenti, problemi statici e pratiche di esproprio dei negozi al pian terreno. Contemporaneamente, ne stabilisce la destinazione d'uso a Centro di Documentazione per le Arti Contemporanee.
Solo nel 2004 si conclude l'intervento di restauro conservativo e di adeguamento antisismico e funzionale della struttura, che diviene sede del PAN (Palazzo delle Arti di Napoli), inaugurato il 26 marzo 2005 e sede -nei suoi 6.000 metri quadrati- di esposizioni artistiche permanenti e temporanee, conferenze e incontri sulle tematiche dell'arte e della cultura contemporanea.
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